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Tuesday 25 December 2012

Controllo politico delle fondazioni in Italia: una soluzione efficace/efficiente?

di Tommaso Oliviero

Sulle fondazioni bancarie

Le banche sono delle imprese nell’accezione più classica del termine. Sono imprese con un input ed un output specifici: i depositi ed i prestiti, rispettivamente. In altre parole le banche agiscono da intermediari (finanziari) tra l’offerta (i risparmiatori) e la domanda (i debitori). Come tutte le imprese perseguono un obiettivo che è la massimizzazione del profitto. La funzione economica di questo tipo d’imprese è comunque evidente: attraverso tecnologie di selezione e di monitoraggio, le banche decidono quali progetti/investimenti finanziare. Un sistema bancario che funziona correttamente è un sistema che alloca fondi (da credito) a progetti trasparenti e con un alto ritorno economico. Insomma le imprese più produttive. Questo sistema è auspicabile non solo dal punto di vista della banca, ma anche da parte del risparmiatore. Se la banca presta i soldi alle imprese con più alta probabilità di ripagare il debito, minimizza il rischio che i risparmi siano persi. È chiaro anche l’effetto benefico sulla crescita. Puntare su investimenti produttivi è il sale dell’economia; start-up, imprese innovative, etc. possono trovare le condizioni nelle quali costituire e sviluppare le idee vincenti.
Un sistema bancario che non funziona è un sistema in cui, invece, i prestiti vanno alle imprese meno produttive. Questo succede quando c’è poca fiducia, poca trasparenza, o incapacità di selezionare i progetti da parte della banca (per esempio una tecnologia di selezione scadente). Questo sistema rallenta la crescita e scoraggia gli investimenti produttivi. Un sistema bancario inefficiente potrebbe anche essere legato a una scelta del credito basata non sulla massimizzazione del profitto della banca, ma sulla massimizzazione del profitto dei manager. Il manager, potrebbe, infatti, considerare profittevole per se stesso prestare soldi agli amici in cambio di un tornaconto personale. Che cosa succede se il manager è un politico? Potrebbero succedere due cose: 1) il politico è in realtà un agente benevolente. Egli ha a cuore le sorti economiche della comunità di riferimento ed ha come obiettivo la sua crescita economica e, infine, il benessere sociale. Inoltre il politico conosce personalmente la comunità di riferimento e sa selezionare ancor meglio i progetti su cui puntare (cui dar credito e/o fiducia); 2) il politico è un agente al quale interessa essere rieletto e usa la sua posizione di leader per guadagnare. In questo caso, il conflitto d’interessi tra ciò che è giusto per i risparmiatori (implicitamente i proprietari della banca) e ciò che è giusto per se stessi è evidente. Il credito va alle imprese “amiche”. Se va bene, le imprese amiche sono anche le più produttive, e la crescita è preservata. Se va male, allora l’efficienza del sistema è compromessa e le buone idee non trovano sviluppo.

In quali dei due sistemi vive l’Italia? Difficile dirlo con rigore scientifico. Proviamo a ragionare partendo dalle considerazioni che da più parti vengono circa il ruolo delle fondazioni bancarie. Bisogna capire cosa sono, se e come possono influenzare le scelte delle banche attraverso la politica e, infine, quali sono gli effetti di questo sistema sull’economia.

Che cosa sono le fondazioni bancarie? Le fondazioni sono nate all’inizio degli anni 90 a seguito del processo di liberalizzazione del sistema bancario voluto dall’Europa. Negli anni 90 il 50% delle banche erano possedute dallo stato (quindi pubbliche – sugli effetti di tale sistema rimandi il lettore ad un lavoro scientifico di Paolo Sapienza del 2002: The Effects of Government Ownership on Bank Lending). Per preservare l’italianità della proprietà delle banche o per evitare una svendita delle azioni, fu creato un particolare processo di privatizzazione. Le azioni delle nascenti banche private furono acquisite da fondazioni con fini filantropici (quindi non-profit); in seguito queste fondazioni hanno provveduto alla collocazione parziale delle azioni sul mercato. Le fondazioni bancarie in Italia sono attualmente 88. Le fondazioni più grandi in termini di valore delle azioni possedute sono Cariverona, Cariparo, Caritorino, Compagnia di San Paolo, Cariplo, Monte Paschi di Siena. Ognuna di esse promuove delle attività benefiche nella comunità di riferimento, ed ha un coinvolgimento “strategico” di lungo termine in alcune banche. Peccato che il portafoglio degli investimenti di queste fondazioni sia tutt’altro che diversificato. Gli investimenti delle fondazioni sono molto polarizzati in banche specifiche; non è difficile immaginare quali banche. I dati dicono che il 40% delle fondazioni possiede quote di capitale nelle banche di riferimento superiore al 20% del totale delle azioni. Sono per lo più azionisti di maggioranza relativa; detengono quindi il controllo delle banche.

Nonostante il mandato dei membri del consiglio direttivo delle fondazioni sia quello di amministrare il patrimonio e decidere le missioni filantropiche da perseguire, le fondazioni rimangono i principali proprietari delle banche di riferimento ed hanno potere decisionale sulle scelte del management. Il loro impatto sulla gestione è più che indiretto.

Cosa c’entra la politica? In media il 22% dei membri del comitato direttivo è un politico. In alcune fondazioni, come MPS, il presidente del comitato dei membri è nominato dal sindaco di Siena. Il resto è dei membri è nominato tra professori universitari e professionisti locali con il sospetto (legittimo) che la politica rientri direttamente anche in queste nomine.

Quindi, la politica controlla le fondazioni; le fondazioni possiedono quote di controllo nelle banche. Il sillogismo aristotelico è immediato.

L’ultima cosa da dimostrare è se questo effetto sia benefico o malefico per l’economia. Cioè se i politici sono del tipo 1) o 2). Questo rappresenta la cosa più difficile da dimostrare. Non vi è una prova empirica dell’effetto della presenza dei politici sulle fondazioni. Tuttavia, alcune evidenze ci dicono che l’Italia è uno dei paesi industrializzati dove la spesa pubblica è meno produttiva (tempi della giustizia civile, risultati della istruzione obbligatoria, costi e durata delle pratiche amministrative etc.). I recenti scandali che affliggono il mondo politico ci aiutano anche a capire il perché di questa scarsa produttività: una classe politica incompetente e corrotta. Troppo facile sostenere che i nostri politici ricadano nella categoria 2.

In Italia, il buon funzionamento del sistema bancario è fondamentale per l’economia aggregata poiché i prestiti da intermediari finanziari rappresentano la maggiore parte del finanziamento delle imprese. Non possiamo permetterci oltremodo di sopportare il costo sociale di questa inefficienza.

I dati sulle fondazioni sono presi dal report di Mediobanca “Italian Banking Foundations” di A. Filtri e A. Guglielmi.

5 comments:

  1. Articolo interessante, su un tema che non conosco.

    Un paio di domande a Tommaso, l'autore:

    1) Qualcuno ha mai fatto una stima dell'impatto di questa supposta inefficienza sull'economia Italiana?

    2) Specie ora che siamo in campagna elettorale, sai se qualcuno sta parlando di una riforma delle fondazioni?

    3) Sai se in altri paesi UE esistono organizzazioni simili oppure le fondazioni sono un'anomalia tutta Italiana?

    Grazie,
    Ciao!
    Stefano

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  2. ciao, stefano, grazie per i commenti. cerco di rispondere puntualmente:
    1) stimare è un parolone... ci sono dei lavori sui costi e sull'impatto dei sistema bancari pubblici sull'economia e la crescita. il sistema italiano è privato ma con forte ingerenza del pubblico ed è un caso unico (credo) tra i paesi sviluppati. Ci sono anche dei lavori che stimano le inefficienza derivanti dai legami politica-impresa più in generale. se sei interessato te li segnalo.
    2) se ne parla poco. è un argomento ostico. dal mio punto di vista, può essere difficilmente risolto in assenza di un cambiamento della classe politica attuale. Sono troppo grandi gli interessi dei politici a mantenere lo status quo. è una torta troppo grossa e golosa. ne parlano quelli di fermare il declino su cui ho scritto un articolo in questo blog.
    3) non lo so di preciso. sicuramente in paesi dove ci sono chiare leggi sui conflitti di interesse e sulle regole di trasparenza degli ingaggi dei politici, il problema non c'è.

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  3. Complimenti, Tommaso, per il timing del tuo post, pochi giorni prima che uscisse fuori il casino Monte dei Paschi!

    Ti e vi segnalo, l'editoriale di Eugenio Scalfari, su Repubblica di ieri, in cui accenna alla genesi delle fondazioni e le diverse interpretazioni delle medesime, nonche' i ruoli, di Ciampi e di Tremonti.

    http://www.repubblica.it/politica/2013/01/27/news/la_panna_montata_e_lo_scandalo_di_siena_segue_a_pagina_23-51371980/

    Ciao,
    Stefano

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  4. grazie stefano.
    dall'articolo che hai segnalato mi sembra evidente che la questione fondazioni riguarda molte banche, non solo MPS.
    Mi sembra altrettanto chiaro che, come ti dicevo, i politici attuali difficilmente provvederanno con una privatizzazione seria degli istituti di credito. Tremonti, Lega, Pd etc. hanno tutti interessi diretti nel controllo indiretto delle banche e, quindi, dell'allocazione del credito alle imprese.
    In questo sistema, sopravvivono solo le imprese con agganci politici, e questo effetto è sicuramente più forte oggi in un periodo di forte necessità di liquidità da parte delle imprese.

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  5. Articolo molto interessante. Personalmente credo che il problema sia di natura sociale, viviamo in un contesto in cui ognuno ha talmente a cuore I'll solo interesse personale che non pensa minimamente agl interessi generali per il quale e' stato nominato - politico o no -. Abbiamo bisogno di una rivoluzione culturale profonda, dove i 'buoni' vincono e i cattivi perdono, dove chi pensa agli altri ta facendo del bene e non sta pensando ad un tornaconto personale. Comunque continuate cosi', ho scoperto solo oggi il vostro sito, e vi seguiro' costantemente: il futuro deve essere dei giovani.
    paolo brambilla

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